competenze legali

Utilizzo delle agenzie investigative e controllo sull’attività del dipendente

(Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza del 4 settembre 2018, n. 21621)
Con la presente pronuncia la Corte di Cassazione è tornata sull’argomento relativo ai controlli che il datore di lavoro pone in essere, attraverso l’utilizzo di agenzie investigative private, nei confronti dei propri dipendenti.

Con la sentenza del 4 settembre 2018 n. 21621 è stato accolto dalla Suprema Corte il motivo di ricorso attraverso il quale il ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 3 della L. n. 300/1970 in ragione del fatto che la Corte d’Appello aveva ritenuto legittimo il ricorso all’agenzia investigativa per accertare un presunto inadempimento contrattuale (così realizzando una vera e propria vigilanza sull’attività lavorativa del ricorrente). In particolare la Corte di Cassazione ha specificato che il controllo di un’agenzia investigativa non può “riguardare, in nessun caso, né l’adempimento, né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, l’inadempimento essendo anch’esso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa… ma debba limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili a mero inadempimento dell’obbligazione”.


La Corte ha altresì aggiunto che “le agenzie di investigazione, per operare lecitamente, non debbono sconfinare nella vigilanza dell’attività lavorativa vera e propria, riservata, dall’art. 3 l. n. 300/1970, direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori; di conseguenza resta giustificato l’intervento in questione solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, anche laddove vi sia un sospetto o la mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione”.


Per la Cassazione, il datore di lavoro avrebbe facoltà di ricorrere alle agenzie esterne d’investigazione solo nei casi in cui sia fondato il sospetto di essere oggetto di condotte illecite da parte del suo dipendente ed al fine di accertarne la materialità.
Viceversa non sarebbe consentito il controllo delle agenzie investigative, se riferito a semplici inadempienti contrattuali.


Tuttavia, ciò che appare netto nelle affermazioni di principio, altrettanto non è nella pratica rendendo difficoltoso l’utilizzo – fino ad oggi pacifico – delle agenzie investigative; come noto, infatti, può risultare in concreto assai difficile distinguere l’illecito (controllabile) dall’inadempimento (non controllabile).
In effetti, a ben vedere, anche nel caso posto all’attenzione della Corte, non è semplice qualificare il comportamento del dipendente che simula la sua presenza fittizia sul lavoro… trattasi di illecito? O di inadempimento?


La domanda da porsi è se con la presente pronuncia la Corte abbia inteso avviare un orientamento realmente più restrittivo o se, invece, la motivazione in esame semplicemente sottintenda alcune precisazioni di rilievo nel solco di alcune altre precedenti pronunce (Cass. n. 8373 del 2018, Cass. n. 17723/2018, Cass. 23303 del 2010”).